Liminalità

Victor Turner (1920-1983) è un antropologo britannico, figlio di un’attrice e di un ingegnere che collaborò all’invenzione della televisione (purtroppo per noi). L’imprinting genetico si farà sentire a corrente alternata nelle sue ricerche. Partendo da Van Gennep formula alcuni concetti interessanti. Si concentra sulla fase di margine, il limen, la soglia. Familiarizziamo con questi concetti.  

Caratteristiche liminali

Separati da un punto stabile della struttura sociale ma non ancora inseriti nella nuova condizione e posizione all’interno della società, i "liminali" (le persone-limite) si trovano in una condizione  ambigua. Occupano uno spazio intermedio, un’intercapedine tra caselle ben distinte e visibili. La loro ambiguità viene spesso descritta ricorrendo a metafore riguardanti la morte, l’essere nell’utero, l’invisibilità ma anche il parto, la gestazione, l’essere neonati. Se consideriamo tutte le cose formate da Sì e No la liminalità può forse essere considerata come il No a tutte le affermazioni strutturali positive, ma in un certo senso anche come la fonte di tutte quante e, in più, come il campo della possibilità pura, dal quale possono sorgere configurazioni nuove di idee e di rapporti. [Victor Turner]

Gli esseri liminali sono difficilmente definibili: non sono né una cosa né l’altra, ma sono sia l’una che l’altra; non sono né qua né là, ma sono in tutti i punti che permettono la separazione tra un "di qua" e un "di là"; non hanno ruolo né status, non esiste struttura o gerarchia: sono una tabula rasa. "Gli deve essere mostrato che di per sé stessi non sono che argilla o polvere, semplice materia, sulla quale la società imprime una forma". Visualizziamo questa terra di nessuno. Se considerate il punto di partenza degli esseri liminali come un quadro di Michelangelo (Creazione di Adamo, per esempio) e il rientro all’interno della società come un dipinto di Mirò (Donna, uccello e stella) il periodo liminale lo potete immaginare come una qualsiasi opera del folle Dalì (da La persistenza della memoria in giù). Tutto quello che c’è di onirico, indistinto, paradossale, provocatorio, disturbante, esaltante in una tela di Dalì sta pure tutto condensato e sparpagliato nella liminalità. 

Struttura e antistruttura

A questo punto è opportuno definire che cosa si intenda per struttura. Turner riconosce due modelli principali che definiscono i rapporti tra esseri umani. Uno definisce la società come un sistema organizzato e gerarchicamente ordinato, dove ognuno occupa delle posizioni sociali, politiche ed economiche. L’altro vede la società come comunità non strutturata, o debolmente strutturata, di individui uguali. Questo modello emerge nei periodi liminali e si alterna al primo. Il discorso, però, non si esaurisce alla semplice successione di struttura e antistruttura. Più che di contrasto si tratta di una dialettica conflittuale tra le due parti che, mentre nega la legittimità di una delle due, in realtà ne afferma l’esistenza e ne costituisce l’origine. Il massimo potenziamento dell’antistruttura provoca il massimo potenziamento della struttura, ma non secondo una logica lineare (che sarebbe troppo "strutturale"). Per spiegare il funzionamento di questo "mostro a due teste" riporto una storiella:

Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.– Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? – chiede Kublai Kan.– Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra – risponde Marco – ma dalla linea dell’arco che esse formano. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: – Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m’importa. Polo risponde: – Senza pietre non c’è arco. [Italo Calvino]

Senza antistruttura non c’è struttura.   

Conflitto e contaminazione

Più che alla struttura e all’antistruttura della società Turner è interessato ai processi, ai movimenti, ai conflitti. Alle crisi che segnano i passaggi da uno stadio all’altro dell’esistenza. È uno strutturalista atipico. Le sue analisi si sposteranno sempre più verso le crisi e quelli che chiamerà "drammi sociali", che analizzeremo più avanti. Ma già nella definizione di liminalità include aspetti conflittuali e contaminanti. Per Turner il concetto di contaminazione è "una reazione per proteggere dalla contraddizione principi e categorie intensamente partecipati". Gli esseri transizionali dovrebbero essere particolarmente contaminanti per le persone, gli oggetti e gli eventi che non fanno parte del contesto liminale. Ogni manifestazione anarchica che mette in crisi il sistema dominante dovrebbe essere eliminata, o quanto meno limitata. Ogni software aborre il bug che può mandare in tilt il sistema.  

Communitas

Comunità è il non essere più fianco a fianco (e, si potrebbe aggiungere, sopra e sotto) di una moltitudine di persone, ma l’essere l’uno con l’altro. E questa moltitudine, pur muovendosi verso un obiettivo, tuttavia sperimenta dappertutto un volgersi a, un dinamico star di fronte degli altri, un fluire dall’Io al Tu. La comunità è là dove si fa evento la comunità. [Victor Turner]Uguaglianza, solidarietà, nessuno che è "più" di un altro, niente ranghi e gerarchie. Privati dei ruoli e delle posizioni istituzionali i liminali possono essere "sé stessi", e liberi da regole e imposizioni possono costruire rapporti sinceri: le amicizie profonde tra novizi sono incoraggiate ed essi dormono intorno ai fuochi del capanno d’iniziazione in gruppetti di quattro o cinque amici particolari. Tuttavia, di tutti si pensa che siano legati da vincoli speciali che persistono dopo la conclusione dei riti, fino anche all’età anziana. [Victor Turner]

"Quasi dappertutto la si considera 'sacra' [la communitas], probabilmente perché viola o annulla le norme  che governano rapporti strutturali e istituzionalizzati, ed è accompagnata da esperienze di una potenza senza precedenti". Queste esperienze hanno un carattere ontologico e modificano la natura stessa degli individui, plasmandoli come un sigillo nella cera. Potenzialmente queste caratteristiche sono estendibili a tutta l’umanità; la communitas è una società aperta, a differenza della struttura.

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